Ci stiamo trasferendo

Sì.

we are moving

Ma è un pluralis maiestatis, perché a trasferirmi son solo io. Mi sento un’incurabile opportunista a cercarti, mio non-diario virtuale, solo quando sento movimenti d’animo così incontenibili da volerli estendere in questa maniera.

In questa enorme ragnatela.

Ché a contenerli fatico.

Divaghiamo oltre: ora, che significa che ci stiamo trasferendo?

Ne ho avuti di traslochi e spostamenti vari nella mia vita. Uno più traumatico dell’altro. Roma, Avellino, Napoli. E a Napoli da una casa all’altra. E di nuovo il pendolo tra Avellino e Napoli. E la mattina da una sede universitaria all’altra. E sali, e scendi. E l’ascensore di casa, e quello della metro. E persone che ti passano affianco per tre secondi – il tempo di camminare, lentamente, paralleli, il tempo di non incrociarsi -, per qualche mese – il tempo di conoscersi, di non capirsi, di tornare a non conoscersi -, per qualche anno.

Ed inizi a sentirti sballottolato.

Ne parlerò meglio, ma mi guarderei bene dal prometterlo. Qua sopra ho raggiunto la capienza massima di promesse non mantenute. Non rimane che caricarle su una memoria esterna.

Ci stiamo trasferendo.

Nel senso che l’articolo conclusivo qua sopra è questo. Mi sposto. Ancora non so dove. Aspetto il vento.

Guardo le statistiche del blog.

(Può esser mai che nonostante la sua quiescenza ci siano ancora lettori giornalieri?)

Mi sembra di lasciare piccoli messaggi nelle bottiglie.

Ci stiamo trasferendo.

Immaginate questa carta un po’ ingiallita coi bordi bruciacchiati. Arrotolata.

Sigillata con la ceralacca.

La ceralacca: un raffinato spettro rosso.

Metto in bottiglia.

Vediamo dove lo portano le onde.

Nati

Colonna di cenere

si trova come sospeso
nel vortice 

di una colonna di cenere

piccoli rombi bianchi, 

coriandoli di polvere.

io

sono di nuovo 

qui 


​​​​​​

fireplace 

Si mette così a fuoco l’immagine del camino acceso, della legna che brucia, dei vetri appannati delle finestre. L’inverno sta arrivando, ed è proprio il caso di dirlo. E se da un lato gli alberi si spogliano delle loro foglie, noi ci si veste di lana e di una certa malinconia, con le guance rosse e il volto assopito. 
Già dall’antichità il focolare era la parte più intima della casa, concetto che mi ha sempre lasciata un po’ stupita, in un primo momento. Riflettendoci bene quell’intimità si mantiene ancora oggi, se si prova ad immaginare di osservare ipnotizzati il fuoco bruciare. 

Il tepore domestico non pare mai tanto dolce, quanto nelle giornate più rigide
canzone della mia giornata:

c’è sempre un rimedio 

Fermati solo un secondo, in serata, e rifletti: com’è andata la giornata? Sapresti ripetere quel che hai fatto, un’azione dopo l’altra e dire sinceramente ciò di cui sei contento e ciò di cui non lo sei? 
C’è sempre un rimedio. 

buonanotte